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Durante un viaggio di esplorazione nella Piana di Castelluccio, percorrendo la lunga strada che la taglia in due mi sono trovato in uno stato di sospensione, avvolto in una densa nebbia che al suo diradarsi ha rivelato il luogo in cui mi trovavo come un paesaggio altro. Un luogo bianco candido come un paesaggio vergine in cui il silenzio ovattato sottolineava la grandezza di ciò che stavo osservando. Quando contemplo un paesaggio è forte la necessità di stare in silenzio immergendomi nell’anima del luogo. Per questo motivo il tentativo di questa serie fotografica è raccontare una nuova dimensione spazio temporale in cui abbandonarsi dolcemente e liberarsi dalla condizione umana. Questo è per me il nuovo desiderio contemporaneo: la ricerca di immagini che esprimano la necessità di contemplare di nuovo il paesaggio, di viverlo senza appropriarsi di esso, di ascoltarne i suoni, di osservarne le forme. Abbiamo bisogno di una dimensione spirituale che ci scuota emotivamente per immaginare in che modo siamo legati a ciò che ci circonda. Ampliare lo spettro d’indagine per includere le pulsioni che abbiamo nascosto e riappropriarci del sublime. Così il paesaggio contemporaneo assume una nuova concezione: non quello di un passato pastorale e idilliaco né quello moderno aggressivamente artificiale ma un paesaggio atemporale simbolo di una nuova tendenza necessaria per l’animo. È in queste foto che ho trovato la sintesi di queste riflessioni: una commistione di amore per il formalismo, di riflessioni sul futuro, di viaggi spirituali e visivi. Perdersi per ritrovarsi, con la consapevolezza di poter utilizzare un linguaggio che catalizzi tutto questo verso qualcosa di positivo anziché distruttivo.

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